Giovanni 4, l’incontro tra Gesù e una donna di Samaria
18.08.2012 12:13
Giovanni 4, l’incontro tra Gesù e una donna di Samaria
“Giovanni” non è un evangelo di grandi aperture universaliste, si tratta di uno scritto che è passato di mano ad almeno tre generazioni di credenti, dopo Gesù, e questi lo hanno rielaborato e hanno riferito la memoria delle sue parole al loro contesto. Gli autori di questo evangelo hanno molto chiaro i confini della loro comunità di fede, vivono, per esempio, un conflitto forte con la comunità di fede ebraica, e ne prendono le distanze. Ma “Giovanni” è anche un libro sorprendente del Nuovo Testamento, che allarga lo sguardo sulla preesistenza della Parola di Dio, sui rapporti tra Gesù e la Presenza divina che l’ha inviato, che amplia i racconti della resurrezione in un modo che ci permette di riflettere su ciò che avviene nel tempo dell’assenza fisica di Gesù, sull’energia di comunicazione espressa dallo Spirito Santo.
Ma proprio perché questo evangelo è una riflessione sul messaggio di Gesù fatta nelle generazioni successive che hanno da render conto di una fede che si vive nell’assenza fisica di Gesù, si tratta di un testo che ci regala grandi spunti di riflessione per il nostro tempo, caratterizzato dalla fluidità dei confini e delle identità.
L’incontro tra Gesù e la Samaritana è paradigmatico, da questo punto di vista. Da un lato il testo usa un linguaggio identitario che distingue un “noi” e un “voi”, come mostrano questi versetti:
v.20 “ I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che a Gerusalemme è il luogo dove bisogna adorare»
v.22 “Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.”
Dall’altro, supera queste barriere per parlare di un rapporto con Dio che non sta dentro alcuna tradizione religiosa, ne quella definita dal “noi” né quella definita dal “voi”.
v.14 “l'acqua che io gli darò diventerà in lui (nel credente) una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna»
v.24 “Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità»
Il testo è intessuto di contrasti, che sono quelli che creano la trama, il disegno del racconto. Sono anche i contrasti e le ambiguità, i pregiudizi che vediamo all’opera negli incontri di ogni giorno.
1. La donna di Samaria va al pozzo ad un’ora tarda del giorno, un’ora molto calda, in cui è certa di non dover incontrare le altre donne del villaggio. Questa sua scelta parla di una situazione di marginalità che lei vive, e che viene svelata nel corso del racconto, quando Gesù le chiede dei suoi “mariti”. Questa donna di Samaria vive evidentemente fuori dalle convenzioni famigliari del tempo, ricava i mezzi della sua sopravvivenza attraverso la sudditanza sessuale a diversi uomini. Non dobbiamo immediatamente pensare alla prostituzione, ma piuttosto ad una condizione di bisogno che viene risolta da questa donna attraverso l’unica possibilità che le viene lasciata dalla sua società, l’assoggettamento a uomini che hanno bisogno dei servizi di una donna. Non c’è moralismo nel parlare di Gesù, che del resto non le chiede di lasciare questo modo di vita che lei ha trovato per sopravvivere. Piuttosto Gesù constata che questa condizione esiste, la vede, ne parla, e così facendo la rende visibile. Gesù, così attento alle situazioni di ingiustizia del suo contesto sociale, si indigna per quanto vede intorno a sé, e non accetta che si taccia sulle condizioni di vita che costringono le persone alla sudditanza e alla marginalità sociale.
Il contrasto con la pratica dei discepoli non potrebbe essere più grande. Essi ben vedono che questa donna vive una condizione di marginalità, ma non osano parlarne, né osano chiedere a Gesù perché parla con lei. I discepoli sono sommersi nel pregiudizio che domina la loro società. L’agire di Gesù ha anche lo scopo di liberare i loro occhi da questi pregiudizi che impediscono loro di incontrare le persone nella loro interezza. In qualche modo questo contrasto serve alla comunità di Giovanni e alla chiesa che noi siamo per lasciarci guidare da Gesù, con umiltà, verso le persone che non vorremmo incontrare, verso le persone che stanno ai margini e si nascondono per paura e per vergogna, anche nella nostra società.
2. Un altro contrasto interessante è quello tra il Pozzo di Giacobbe, o il Pozzo dei padri, e l’acqua viva offerta da Gesù. Il contrasto è tra ciò che offre la tradizione (patriarcale ed esterna alla donna, alla credente) e ciò che offre invece l’incontro con Gesù che fa scaturire da dentro, una fonte che non viene meno:
v.12-14 “Sei tu più grande di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le rispose: «Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete;anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna»
Il contrasto è fra dentro e fuori, fra una legge esterna imposta come obbedienza che in qualche modo si impone sulla persona e le detta i modi in cui deve essere, e la comprensione interiore che fa fare un cammino di verità su di sé e autorizza la persona a essere ciò che è, senza dover combattere con un codice a lei estraneo.
3. In più, poiché Gesù parla con una donna, c’è qui il contrasto con il codice patriarcale, sottolineato dal fatto che le religioni – questa religione – nasce da parole e gesti di uomini che cancellano le parole e i gesti delle donne. In contrasto con questo Gesù afferma che anche da una donna che vive una condizione sociale di emarginazione ed è rifiutata nel suo contesto, può scaturire una comprensione autentica della presenza di Dio. La forza dello Spirito, che in ebraico è la Ruah, uno dei “nomi” femminili di Dio, agisce nella donna come fonte che autorizza la sua libertà di stare di fronte a Dio.
4. Vengono poi messi a contrasto i due monti, i due santuari, i due luoghi di culto e di pellegrinaggio:
v.21 «Donna, credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre”
Gesù toglie autorità ai luoghi di culto, inserendosi così nella tradizione dei profeti del suo popolo che avevano sempre visto con sospetto il fatto che il potere monarchico avesse accentrato il culto a Dio in un solo luogo, dentro alcuni recinti sacri, facendolo gestire da una gerarchia sacerdotale fedele al re. Gesù parla di una presenza divina che è soprattutto fuori da questi luoghi di potere. Basti pensare alle sue parole sulla distruzione del Tempio di Gerusalemme, o alla scena in cui rovescia i tavoli dei cambiavalute nei cortili del Tempio. Proprio in questi giorni alcune giovani donne sono state condannate in Russia per aver invaso il tempio ortodosso con la loro musica “inappropriata” e con una denuncia del potere che schiaccia la vita delle persone. Le tre ragazze, le Pussy Riot, hanno fatto in fondo lo stesso gesto di Gesù: identificare la scena religiosa come luogo in cui il potere collude e si fa legittimare; contestare uno spazio occupato solo da maschi religiosi che escludono le donne e i laici dal luogo del sacro; usare i propri corpi come mezzo di resistenza, la propria presenza fisica come segno e testimonianza di una situazione ormai giunta a cancellare i corpi e le esistenze, e per questo da far saltare.
5. A lungo le parole di Gesù sul culto “in spirito e verità” sono state un segno forte del protestantesimo italiano nella sua denuncia e presa di distanza da un cattolicesimo legato a forme tradizionali e incapace di sollevarsi al di sopra dell’uso di immagini e metafore sacramentali:
v.23-24 “Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità»
Questo ci dice che anche parole intese a superare le barriere a volte possono venire usate proprio per rinforzarle, quelle barriere. Questo avviene quando ci si sente dalla parte della verità, quando ci si identifica con “i veri adoratori”. Un’arroganza che non appartiene né a Gesù né alla donna di Samaria che lo incontra. Lei riconosce in lui il messia proprio per questi segni di umiltà, per la capacità di non giudicare ma di far risaltare la verità, per la freschezza dell’acqua, del messaggio nuovo che lui offre, e che libera da vincoli, tradizioni e pesi moralistici che schiacciano la vita delle persone.
6. Il contrasto che fa da cornice a tutto il racconto è infine la trasformazione dell’agire della donna. All’inizio del racconto lei evitava i suoi vicini e concittadini, ora li va a cercare e li invita a venire a incontrare il messia. All’inizio lei si nascondeva, ora si espone presentando questo messaggio nuovo, fresco, e rendendolo visibile nel suo stesso agire, nel suo stare in presenza. All’inizio era incurvata e imprigionata nelle tradizioni ricevute che facevano di lei una reietta, ora vive di fronte agli altri con una nuova libertà, che scaturisce dalla consapevolezza che in lei agisce lo Spirito di Dio.
L’incontro con Gesù promuove crescita e apertura, fa vedere mondi nuovi e diversi. Gesù stesso si mette all’ascolto delle persone che incontra, porta in luce le ingiustizie che vede agire, le denuncia in nome di una presenza divina che è vita e che aiuta ognuno e ognuna a trovare la verità di sé. La donna di Samaria ci aiuta a vedere Gesù non come il fondatore di una nuova famiglia religiosa, ma come colui che libera dalle istituzioni religiose e ci mette in relazione diretta con la Presenza divina, che è acqua fresca, fonte di vita che non viene meno.